FORSE E’ MEGLIO CHE TU NON VEDA

s.d. (1913)
bronzo, 44 x33,5×25 cm

firmato sul basamento, davanti a sinistra: “EArchinti”
sul basamento, davanti: “forse è meglio che tu non veda”

 

Esposizioni: 1913, Milano, Palazzo della Permanente, Esposizione Retrospettiva e contemporanea di Belle Arti della Famiglia Artistica; 1925, Milano, Palazzo della Permanente, Esposizione Nazionale d’Arte di Brera, n. 150; 1965, Lodi, Mostra commemorativa, n. 25; 1978, Lodi, Mostra permanente, s.n; 1978, Lodi, Mostra antologica, s.n; 1994, Lodi, Ettore Archinti, s.n; 2015, Lodi, Ettore Archinti. Materia semplice (senza catalogo); 2015, Lodi, Cinquant’anni di mostre d’arte, s.n.
Bibliografia: Aut. Vari 1965, copertina, ill; Mostra permanente 1978, ill, s.n.p; Gipponi 1978, ill, s.n.p; Francione, 1994, pp. 9, ill, 14; Gipponi 2003, pp. 47; Micrani 2006, tav. 31, pp. 300; Arensi 2015, pp. 30; Arensi Bellocchio 2015, pp. 50, tav. 43.

«Qui nessuno sforzo né acrobatismo decorativo, che senza dubbio avrebbe guastato; qui nessuno sfoggio di virtuosità che sarebbe stata inutile e dannosa, distraendo l’attenzione dalle sole cose importanti che sono state l’assunto dell’autore: cioè la forma espressa nei meschini corpi delle due povere donnicciuole e nei loro semplici e poveri indumenti con somma e piana verità, e le due espressioni assai diverse e assai caratteristiche dei due visi e del modo di tenersi per mano e dell’andatura; il tutto mediante una rapida sintesi che dinota nel giovane scultore un acuto spirito di osservazione ed un vero amore per il suo soggetto … » (G. Agnelli, 1945).
Con questa motivazione, la commissione giudicatrice del concorso Tantardini, importante opportunità di affermazione per i giovani scultori sulla scena milanese del tempo, assegnò nel 1913 il primo premio all’opera in esame: un gruppo composto dalla figura di una giovane donna non vedente, accompagnata e guidata dall’altra, più attempata.

Archinti manifesta qui l’orientamento espresso nella composizione “Misero retaggio” ugualmente costruita su due figure di donne, in questo caso entrambe anziane, e presentata allo stesso concorso nell’edizione dell’anno precedente. Un orientamento che non può definirsi verista nel senso di denuncia sociale, ma mosso da sentimenti di umana partecipazione rispetto a una condizione della vita: un’attenzione ampiamente documentata nella mostra del 1911 a Palazzo Barni con il Gruppo di Santa Chiara citato dalla stampa del tempo (Il Fanfulla, 27 maggio 1911), composto da personaggi ritratti presso il lodigiano ospizio per gli anziani.
Un similare intento trova corrispondenza, nella coeva pittura di ambito lodigiano, con l’indagine condotta presumibilmente nello stesso ospizio da Enrico Spelta, e da lui impressa solo pochi anni dopo nel dipinto Le tre vecchie o Tre vecchie all’ospizio (1920 circa) della collezione del Museo civico di Lodi.

Nel settembre 2024 è stata rintracciata, presso una collezione milanese, una precedente fusione dell’opera: con ogni probabilità, quella originale del 1913 vincitrice del premio Tantardini. Negli anni dieci del ‘900, la scultura era entrata in possesso di un parrucchiere, appassionato d’arte e amico di Ettore Archinti, che aveva il suo salone di attività nel centro di Milano. Il bronzo più antico rispetto a quello della versione custodita nel Museo lodigiano, e la più nitida definizione dei particolari, indicano l’esemplare come una delle primissime fusioni dell’opera, recentemente acquisita da un collezionista lodigiano.

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