UNA  MADRE

UNA  MADRE

1939

bronzo, 15,5×20,5×15,5 cm

firmato sulla parte posteriore del basamento: “archinti 1939”

sul bordo davanti del basamento in marmo: “una madre”

Esposizioni: 2015, Lodi, Cinquant’anni di mostre d’arte, s.n; 2015, Lodi, Ettore Archinti. Materia semplice (senza catalogo).

Bibliografia: Arensi-Bellocchio 2015, pp. 17.

L’interesse di Archinti per la rappresentazione degli animali è documentato da una fotografia scattata nel 1910 nel suo studio a un insieme di undici bozzetti, realizzati al ritorno dal soggiorno londinese (Ongaro 1987, pp. 144). In una lettera del 18 luglio all’amico Peppino Tedeschi (Ongaro 1987, pp. 15), lo scultore racconta degli studi eseguiti al giardino zoologico della capitale inglese, documentati nel “carnet” di disegni conservato negli archivi della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Lodi (Ongaro 1987, pp. 141, 142, 143)  e citati dalla stampa in occasione della rassegna del 1911 a Palazzo Barni (Il Fanfulla, 27 maggio 1911, pp. 3). Del gruppo di animali, di cui non si conoscono altri soggetti rimasti, potrebbe aver fatto parte la Scimmietta (1909-10), di cui resta un esemplare in bronzo appartenente a una collezione privata.  

Alla sfera domestica appartiene invece la raffigurazione della capra che allatta il suo piccolo della scultura in esame, espressione della tarda produzione archintiana, qui caratterizzata dalla materia vibrante, pur negli anni Trenta segnati anche dall’uso di volumi più bloccati.

Al di là dell’affezione di Archinti verso la capretta tenuta nell’orto adiacente allo studio, nella via che oggi porta il suo nome, e del tema a lui caro della maternità qui calato nel mondo degli animali, il rimando tematico e stilistico va alla Capra (1887) di Ernesto Bazzaro: un soggetto trattato secondo un modulo compositivo circolare, applicato da Archinti alla disposizione dei due animali e al loro interagire.

Il messaggio potrebbe essere quello dell’universalità dell’amore materno, comune a tutte le forme di vita, magistralmente espresso in pittura da Giovanni Segantini con Le due madri (1889).

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