L’UOMO  CHE  RIDE  SONO  IO  

L’UOMO  CHE  RIDE  SONO  IO  

s.d

gesso, 55x22x23 cm 

firmato sul basamento, dietro a destra: “LODI/EArchinti”

sul basamento, davanti: “l’uomo che ride sono io/VH”

Esposizioni: 1945, Lodi, Ettore Archinti (senza catalogo); 2015, Lodi, Ettore Archinti. Materia semplice (senza catalogo).

La scultura è considerata l’autoritratto di Archinti, in riferimento al messaggio comunicato dal titolo. Più che la somiglianza dei tratti, con i baffi che in vari periodi hanno caratterizzato il volto di Archinti, a suggerire il suo identificarsi con l’uomo raffigurato potrebbe essere il gesto della mano destra che indica se stesso. 

A orientare in questa direzione sono però specialmente le caratteristiche del personaggio, così come vengono delineate da Victor Hugo nel romanzo “L’homme qui rit” da cui Archinti trae la titolazione, come dimostrano le iniziali dello scrittore francese incise sul basamento della scultura. 

Protagonista dell’opera è infatti Gwynplaine, figlio di un nobile inglese fatto rapire per questioni di successione e poi allevato da un teatrante di strada. Alla Camera dei Lord, dove viene portato per l’investitura ufficiale dopo il riconoscimento in età adulta della sua vera identità, Gwynplaine attacca l’aristocrazia per la sua indifferenza nei confronti del popolo ridotto in miseria, e senza curarsi della derisione dell’assemblea decide di tornare alla sua vita precedente.

Se la scultura si confermasse un autoritratto, si potrebbe ipotizzare la sua realizzazione, per comparazione con le esistenti fotografie di Archinti, negli anni Trenta del ‘900.

Ad avvalorare la proposta di datazione è una fotografia scattata negli stessi anni allo scultore, mentre lavora al monumento per la tomba Camagni (Ongaro, 1994, pp.103). Tra le sculture visibili sullo sfondo, primo a sinistra è un busto con una “testa di uomo” con gli identici tratti di quella dell’“uomo che ride”: con ogni probabilità, un autoritratto di Archinti, poi riprodotto nella scultura in esame.   

Dell’opera si conosce anche l’esemplare in bronzo più volte esposto (1945, 1965, 1978, 1994), e appartenente a una collezione privata.

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